Cohousing, un modello di sostenibilità economica e sociale

cohousing

Il cohousing è un modello abitativo nato negli anni Settanta ma che risulta molto attuale nell’offrire una possibile risposta alle esigenze abitative del presente. Nato in Scandinavia dalla volontà di affermare la comunità rispetto all’atomizzazione e all’isolamento della società industrializzata, il cohousing combina l’autonomia dell’abitazione privata alla condivisione di spazi e servizi tra più nuclei familiari. Ciò significa che allo spazio dedicato ad ogni singolo lotto abitativo viene affiancato – o talvolta privilegiato – uno spazio comune, dove svolgere attività in condivisione. Tale soluzione permette innanzitutto di abbassare i costi di acquisto di un immobile, perché si possono scegliere metrature più piccole a parità di esigenze, condividendo spazi che invece sarebbero destinati alla singola abitazione, come la terrazza o una sala studio. Si abbattono inoltre i costi di gestione e utilizzo di servizi e utenze, ad esempio con l’uso della lavanderia in comune, della cucina o di un giardino.

La spinta al cohousing non è solo economica e manifesta una voglia di comunità 

Ma la spinta al cohousing non è solo economica e conserva la voglia di comunità che ha fatto nascere i primi modelli scandinavi: i nuclei familiari condividono, oltre agli spazi, la volontà di ricreare rapporti, relazioni e buon vicinato come avveniva un tempo. Chi sceglie il cohousing sceglie una vita di comunità, dove ci si conosce, ci si aiuta, e si condividono valori e stili di vita. Ne sono un esempio tutte le costruzioni destinate al cohousing a impatto zero, dove il discorso ambientale e di approvvigionamento energetico vanno di pari passo con la scelta della condivisione. Del resto non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il rapporto tra cohouser è imprescindibile rispetto all’estraneità che contraddistingue gran parte del vicinato di oggi. Nel cohousing riemergono quindi modelli abitativi che pensavamo superati, dove nel patio condiviso da più nuclei familiari si svolgevano le attività utili per tutti i membri della comunità: un welfare di prossimità che si ispira al passato ma guarda al futuro per sostenibilità economica e ambientale. Questo ritorno al passato evidenzia anche un’esigenza di sostituire nuovamente la comunità alla parcellizzazione della vita familiare di oggi, laddove il lavoro e l’emigrazione hanno creato dei vuoti, specialmente nella gestione familiare.

Un welfare di prossimità che si ispira al passato ma guarda a un futuro di sostenibilità

Il cohousing va osservato anche in relazione ai fenomeni demografici del nostro tempo: nel 2022 l’Istat documenta uno storico superamento della quota di persone che vivono da sole (33,2% degli italiani) rispetto a quelle che vivono in coppia (31,2%). A questo dato, si associa quello del costo della vita, che è superiore dell’80% per chi vive da solo rispetto a chi vive in coppia (Coldiretti su dati Istat, 2022). Sui single italiani pesano anche l’aumento dei costi per l’abitazione, che è più del doppio (156%) rispetto alla media per persona di una famiglia tipo di tre persone, e l’aumento dei costi di elettricità e gas per riscaldare un appartamento per un’unica persona. Dai dati raccolti dall’Eurispes e contenuti nel Rapporto Italia 2023, emerge inoltre che al 53,3% di chi vive da solo è capitato almeno una volta di trovarsi in difficoltà a sostenere le spese di alloggio non potendo dividere bollette e affitto. Il costo della vita per chi vive da solo può determinare la scelta del cohousing allo scopo di alleggerire il peso di utenze e servizi.

Il costo della vita è superiore dell’80% per chi vive da solo

Al costo della vita va associato quello del mercato immobiliare che diventa sempre più ostile per chi vuole compare casa, specialmente se si tratta di un nucleo monoreddito. Dal Rapporto sull’abitare 2024 di Nomisma emerge che per 3 famiglie su 5 il reddito è inadeguato o appena sufficiente per far fronte alle necessità, aumentando le difficoltà di acquisto dell’abitazione, in particolar modo per le famiglie unipersonali e quelle più numerose, così come le difficoltà a sostenere canoni di locazione, investiti da un trend di crescita. L’interesse degli italiani verso l’acquisto della casa resta un punto saldo, che relega la locazione in una prospettiva momentanea e transitoria nella maggioranza dei casi, ma la quota di famiglie che vive in affitto e che la considera come unica soluzione possibile a fronte della mancanza di risorse per accedere alla compravendita è passata dal 56% nel 2023 al 59,3% del 2024. E infatti, se 3 milioni di famiglie in Italia si dichiarano interessate alla compravendita di una casa, la “domanda reale” ne vede coinvolte solo 980.000. Un altro dato che spinge singoli e famiglie verso la ricerca di soluzioni abitative alternative.

Per 3 famiglie su 5 il reddito è inadeguato o appena sufficiente per far fronte alle necessità

Se il social housing si rivolge a determinate categorie sociali che usufruiscono di alloggi a costi di locazione agevolati, il cohousing riguarda una larga fetta di popolazione che non appartiene a categorie protette ma allo stesso tempo non ha la possibilità o la facilità di accedere alla compravendita di un immobile secondo le attuali condizioni dettate dal mercato. I motivi economici, come detto, sono sostenuti da una condivisione anche di valori, in quanto il cohousing si propone come modello di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Economica, nella riduzione dei costi per l’affitto o l’acquisto di un immobile; sociale, perché ripropone un welfare di prossimità dove i rapporti umani svolgono una funzione importante; ambientale, perché si tratta di progetti ad alta efficienza energetica e basso impatto ambientale e che cercano armonia col contesto urbanistico. Il senior housing è un’altra interessante declinazione del concetto di cohousing, dove l’invecchiamento attivo ispira un modello abitativo dedicato alle esigenze sociali ed economiche delle persone anziane. In un Paese che invecchia, come il nostro, le proposte di senior housing saranno sempre più diffuse, perché sono in grado di preservare la privacy e l’indipendenza delle persone anziane ma allo stesso tempo di combattere solitudine e isolamento, offrendo anche dei servizi ad hoc. E non va trascurato il dato che oggi, a differenza di un tempo, gli over 65 aspirano a una vita lunga, attiva, significativa, fatta di relazioni e di esperienze.

Il cohousing può essere una risposta al costo eccessivo della vita e ai prezzi del mercato immobiliare

Il cohousing è già una realtà in alcune zone del d’Italia, in particolare al Nord, dove alla costruzione ex novo si affiancano progetti di restauro di edifici in disuso, come avvenuto per l’Urban Village di Bovisa, a Milano, uno dei primi cohousing in Italia che ha visto il recupero di un’area industriale dismessa convertita ad uso abitativo. Il cohousing si adatta quindi sia ai contesti urbani che alle aree fuori dalla città, dove la disponibilità di spazio può dare vita a progetti che prevedono la costruzione di spazi in comune come orto, frutteto, campi da gioco, biblioteca, nido per bambini, lavanderia. A Barcellona, in Spagna, il cohousing è sempre più diffuso e aiutato da bandi pubblici, e sta diventando una forma di resistenza alla gentrificazione di quartieri sempre meno a misura della persona e sempre più ad uso del turismo. Ne è un esempio la Xarxaire, alla Barceloneta, che conta otto unità immobiliari private e all’ultimo piano colloca servizi in comune come la lavanderia, mentre il pianterreno comunica direttamente col quartiere, in una volontà di compenetrare la vita dei singoli con quella della comunità. In Italia il cohousing sta nascendo da iniziative private dei singoli gruppi di cohouser o di intermediari, ma l’impulso a soluzioni alternative e incentrate sulla persona e sulla sostenibilità del vivere è già partito.

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