Europa: una nuova legge per la libertà dei media

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», così recita l’art. 21 della Costituzione italiana, parole che sanciscono inderogabilmente la libertà di stampa e di informazione come un diritto fondamentale.

La legge europea per la libertà dei media (EMFA)

Parlare di libertà dei media in un contesto di democrazia appare assodato, eppure tutt’altro che scontati e banali sono i fattori che si frappongono fra i fornitori di servizi di media e la possibilità di esercitare liberamente tale diritto. Così poco scontati che l’Unione europea ha avvertito l’esigenza di emanare un nuovo atto legislativo volto a salvaguardare la libertà, il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’Ue: il 15 dicembre 2023 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno infatti raggiunto un accordo sulla legge europea per la libertà dei media (EMFA), istituendo un quadro comune per i servizi di media nell’àmbito del mercato interno dell’Ue, con l’obiettivo di adottare il nuovo regolamento entro la primavera del 2024, prima delle prossime elezioni europee. L’accordo provvisorio stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettiva protezione dei giornalisti e dei fornitori di media nell’esercizio della loro attività professionale, ponendo quindi in capo agli Stati la responsabilità di garantire libertà e pluralità di informazione; vieta  agli Stati membri di utilizzare misure coercitive per ottenere informazioni sulle fonti dei giornalisti o sulle comunicazioni riservate, tranne in casi specifici disposti da un’autorità giudiziaria; promuove la trasparenza sulla proprietà dei media e sull’assegnazione dei finanziamenti pubblici e stabilisce norme chiare sulle relazioni fra le grandi piattaforme commerciali online, e i fornitori di servizi di media che aderiscono a regimi di regolamentazione o autoregolamentazione in materia di controllo editoriale e di standard giornalistici, tutelando questi ultimi da immotivate rimozioni dei contenuti pubblicati.

Il Comitato europeo per i servizi dei media

L’EFTA istituisce, inoltre, un nuovo Comitato europeo per i media, un organo di controllo composto dalle autorità nazionali dei media che fornirà consulenza e sostegno alla Commissione per garantire l’applicazione delle norme e il rispetto dei diritti dei giornalisti all’interno dei singoli Stati. Il dispositivo lascia agli Stati membri la libertà di adottare norme più restrittive rispetto a quelle previste, cercando così un equilibrio fra la necessità di armonizzare il settore e il rispetto delle competenze e specificità nazionali. L’accordo sull’EFTA fra Consiglio e Parlamento europei è stato preceduto nel novembre del 2023 da un altro accordo fondamentale in materia di libertà dei media, una proposta di direttiva sulla protezione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani dalle SLAPP (azioni illegali strategiche contro la partecipazione pubblica), prevedendo una serie di meccanismi anche preventivi a tutela delle vittime di questi procedimenti.

Una vera libertà di informazione?

Non si tratta certamente dei primi atti legislativi comunitari che mirano a garantire la libertà e il pluralismo dei media[1], riconosciuti fra i diritti fondamentali dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia, l’analisi dei sistemi di informazione esistenti sul territorio dell’Unione ha sollevato una serie di preoccupazioni sulla reale libertà dei media e nessuno Stato membro è esente da criticità. Nonostante la libertà di informazione sia riconosciuta come una componente essenziale della democrazia, con un ruolo anche di controllo e di bilanciamento sui governi, sono numerosi i meccanismi che, più o meno velatamente, minacciano la possibilità di fornire un servizio di informazione libero da coercizioni, pluralista e indipendente.

Tutti i report sulla libertà dei media, sottolineano la persistenza di condizioni di lavoro difficili per i giornalisti, di azioni di controllo che ne limitano la libertà di espressione attraverso minacce di ripercussioni e, talvolta, aggressioni fisiche, di sistemi legislativi che – attraverso un’interpretazione estensiva delle norme a tutela della privacy o sulla diffamazione – negano ai media l’accesso alle informazioni e alla possibilità di diffusione.

Pluralismo e libertà dei media: la situazione in Europa

La situazione non è naturalmente uniforme su tutto il territorio dell’Unione, come mostra il “Media Pluralism Monitor 2022”, report pubblicato annualmente dal Centro per il pluralismo e la libertà dei media (CMPF), che, tenendo conto di variabili economiche, legali e politiche analizza dal 2014 i livelli di pluralità e libertà dei sistemi di informazione di 32 democrazie (27 Stati membri dell’Ue e 5 paesi candidati). L’analisi esplora quattro macroaree attraverso più indicatori: protezione fondamentale, intesa come l’esistenza di garanzie normative capaci di proteggere la libertà di espressione e il diritto di accedere alle informazioni e poterle diffondere, la sussistenza di condizioni favorevoli per lo svolgimento libero e indipendente del lavoro giornalistico, l’indipendenza delle autorità mediatiche e la portata universale sia dei media tradizionali sia dell’accesso a Internet; pluralità del mercato, che tiene in considerazione il contesto economico e il quadro normativo valutando in particolare la concentrazione della proprietà dei media e delle piattaforme online e la concorrenza del mercato; l’indipendenza politica, che valuta i rischi di politicizzazione e strumentalizzazione dei media da parte della politica; inclusione sociale, valutata in base all’accesso ai media per le comunità locali/regionali e per le donne nonché in base ai livelli di alfabetizzazione mediatica[2]. A partire dal 2022 il report ha introdotto una classifica generale dei paesi, calcolata come media dei punteggi ottenuti nelle quattro aree.

In questa classifica l’Italia divide a metà l’Europa occupando esattamente la posizione centrale (16esima su 32) e collocandosi nella fascia di rischio “media”, con un punteggio del 51%. Solo la Germania presenta una percentuale di rischio “molto bassa”, 6 sono i Paesi nella fascia “bassa”, 14 “media”, 10 “alta” e la Turchia ottiene la maglia nera del Paese in cui la libertà e pluralità dei media presenta un livello di rischio “molto alto”.

Nel 2022 per la prima volta il nostro Paese è rientrato nel gruppo a basso rischio per quanto riguarda gli indicatori dell’area protezione fondamentale, main tutte le altre aree ottiene sempre una classificazione a medio rischio.

L’alta concentrazione dell’informazione in Italia

Permangono, purtroppo, una serie di ostacoli al pluralismo e alla libertà di informazione nel nostro Paese, come evidenziato anche dal “Liberty Media Freedom Report 2023”[3], primo fra tutti la concentrazione della proprietà, con pochi grandi gruppi che detengono la maggioranza dei servizi di informazione minando la concorrenza e veicolando l’informazione di massa: secondo l’Euromedia Ownership Monitor, in Italia i primi 5 gruppi mediatici detengono più della metà del panorama informativo, con una struttura fatta di più società che confluiscono in un grande gruppo rendendo difficile risalire in maniera chiara e lineare alle figure di vertice. Proprio la persistenza di questo meccanismo colloca l’Italia al quartultimo posto in Europa nella classifica sulla trasparenza della proprietà dei media[4]. È evidente che di fronte al potere economico dei grandi gruppi, poco possono fare testate di piccole dimensioni che spesso offrono un’informazione alternativa, ma che faticano a sopravvivere e a guadagnarsi uno spazio significativo sul mercato.

Un altro fenomeno che si sta intensificando negli ultimi anni, come segnalato dai report del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale della Polizia Criminale (Servizio Analisi Criminale) è quello degli atti intimidatori ai danni dei giornalisti, aggressioni fisiche o verbali, danneggiamenti e minacce con l’unico scopo di limitarne la libertà di diffusione delle informazioni. Sicuramente il Web è il luogo privilegiato delle minacce, dove le offese e le intimidazioni si perpetrano facilmente e spesso nel completo anonimato, ma sono preoccupanti soprattutto i casi in cui le minacce si trasformano in reale rischio per l’incolumità degli operatori. Basti pensare che in Italia sono 250 i giornalisti sotto vigilanza, dei quali 22 sotto scorta. Inoltre l’Italia è annoverata fra i Paesi in cui mancano garanzie sufficienti a protezione dei giornalisti e delle loro fonti dalla sorveglianza illegale e ingiustificata attraverso le intercettazioni. Come se non bastasse, a scoraggiare il lavoro dei reporter ci sono anche le cosiddette SLAPP, azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica, che si concretizzano in denunce e procedimenti legali intentati contro i giornalisti, per motivazioni superficiali e prive di contenuto utilizzate abitualmente da politici, imprenditori e altri soggetti di spicco per bloccare preventivamente la diffusione di alcune informazioni o notizie specifiche.

E la parità di genere?

In ultimo, occorre citare la questione della parità di genere, che non può mancare anche all’interno del contesto dei media italiani. Pur potendo apparire una questione ininfluente dal punto di vista della libertà e pluralità dei media, le donne sono sottorappresentate anche in questo settore, specialmente nelle posizioni apicali e, analizzando il problema secondo tutte le prospettive, non si tratta solo dell’ennesima disparità di genere, ma anche della limitazione alla diffusione di idee, opinioni e prospettive dei media. Non parliamo dunque, sempre di pluralità e libertà?

Questo il contesto in cui, a partire dalla primavera del 2024, si inserirà la legge europea per la libertà dei media e a guardare la situazione italiana, ma non solo, si tratta di un provvedimento necessario, tuttavia forse non sufficiente, ad abbattere tutti gli ostacoli alla libertà di stampa e di informazione nelle democrazie europee.

 

 

[1] L’EMFA si basa sulle disposizioni della direttiva UE 2018/1808, sui servizi di media audiovisivi estendendone il campo di applicazione alla radio e alla stampa e introducendo nuove norme.

[2] L’“infodemia”, definita come diffusione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta anche inaccurate, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili, è stata messa in luce soprattutto dalla pandemia, evidenziando la necessità di rafforzare le politiche di alfabetizzazione mediatica per prevenire la diffusione della disinformazione.

[3] Report redatto dalla Civil Liberties Union for Europe (Liberties), organizzazione non governativa con sede a Berlino che promuove e protegge le libertà civili di tutti nell’Unione Europea. https://www.liberties.eu/f/lurkq7

[4] Fonte: https://media-ownership.eu/findings/countries/italy/

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*Mariarosaria Zamboi, ricercatrice dell’Eurispes.
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