Dopo una lunga fase di rodaggio, la Conferenza sul Futuro dell’Europa sta finalmente entrando nel vivo. La prima fase, di ascolto, prevede l’organizzazione di una serie di eventi e la possibilità per i cittadini di intervenire direttamente nel dibattito europeo attraverso una piattaforma digitale. Gli eventi potranno essere strutturati nei formati più vari dalle Istituzioni Ue, dagli Stati membri, dalle autorità locali e dalla società civile. L’organizzazione di convegni, “town hall meetings”, incontri nazionali e transnazionali, occasioni di confronto e di dibattito, senza un modello preordinato, dovrebbe consentire di raggiungere un numero quanto più elevato possibile di cittadini, in rappresentanza della diversità e della molteplicità delle culture europee.
La Conferenza sul Futuro dell’Europa prevede la possibilità dei cittadini europei di intervenire direttamente
Questi dibattiti decentrati assumeranno una rilevanza europea nella misura in cui le loro risultanze saranno convogliate attraverso la Piattaforma digitale creata ad hoc dalla Commissione Europea. Questo è forse lo snodo principale della Conferenza: una sorta di agorá virtuale cui tutti i cittadini europei potranno accedere liberamente – dopo aver sottoscritto la “Carta della Conferenza” – per fornire contributi e reperire informazioni in modo interattivo.
Una rappresentanza della diversità e molteplicità delle culture europee
È la stessa piattaforma a suggerire i temi di dibattito, articolati attorno a 9 “clusters”: cambiamento climatico e ambiente; salute; un’economia più forte, giustizia sociale e posti di lavoro; trasformazione digitale; valori e diritti, Stato di diritto, sicurezza; migrazione; istruzione, cultura, gioventù e sport; Ue nel mondo; democrazia europea. Si tratta peraltro di un’elencazione indicativa, dato che la stessa piattaforma contempla la possibilità di suggerire altri temi di dibattito.
Le idee sviluppate in Conferenza da trasformare in proposte
La seconda fase della Conferenza prevede la trasformazione delle idee raccolte dalla piattaforma in proposte. È il momento della selezione, dell’organizzazione e della razionalizzazione di quella che, verosimilmente, sarà una massa magmatica di intuizioni, domande, richieste, proposte e suggerimenti. È in questa fase che si stanno sperimentando le soluzioni più innovative. Il primo passaggio della fase di trasformazione passa infatti attraverso un istituto di democrazia partecipativa sperimentato in alcuni Paesi europei ma mai su così larga scala. Si tratta dei “Panel” che saranno composti da almeno due cittadini per Stato membro, tenendo in considerazione il principio della “proporzionalità degressiva applicato per la composizione del Parlamento Europeo. I componenti, scelti per sorteggio, dovrebbero rappresentare la diversità sociologica dell’Ue (origine geografica, età, sesso, contesto socieoeconomico, livello di istruzione), assicurando un’ampia rappresentanza (un terzo) dei giovani sotto i 25 anni. I panel si riuniranno in sessioni deliberanti per recepire i contributi emersi nei dibattiti decentrati (e quindi “caricati” sulla piattaforma) e fornire stimoli alla Plenaria.
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La Plenaria sarà composta da 108 parlamentari nazionali (4 per ogni Stato membro), 54 rappresentanti dei governi; 108 membri del Parlamento Europeo; 108 cittadini (80 rappresentanti dei Panel, un rappresentante per Stato membro per gli eventi nazionali; 8 rappresentanti della società civile); rappresentanti del Comitato delle Regioni, del Comitato Economico e Sociale, delle parti sociali e della società civile per un totale di 376 membri. Il suo compito sarà discutere i suggerimenti dei Panel e gli input provenienti dalla piattaforma digitale e decidere (per consenso) quali raccomandazioni sottoporre al Comitato Esecutivo, cui spetterà poi di stilare il rapporto conclusivo della Conferenza.
Se la Plenaria è l’organo più rappresentativo della COFE, il vero potere risiede quindi nel Comitato Esecutivo. Un organo collegiale composto da tre rappresentanti e quattro osservatori per ciascuna Istituzione (Parlamento, Consiglio e Commissione), cui partecipano come osservatori la presidenza della COSAC (la Conferenza delle Commissioni Affari Europei dei Parlamenti nazionali), e, su invito, altri organismi e agenzie europee. La Presidenza collegiale dell’Executive board è esercitata dai Presidenti delle tre Istituzioni.
La terza fase della Conferenza, ancora tutta da disegnare, dovrebbe essere quella della realizzazione. I contributi raccolti attraverso questo vasto esercizio di consultazione popolare e sintetizzati nel rapporto finale del Comitato Esecutivo verranno trasmessi alle istituzioni dell’Unione che, in linea teorica, dovrebbero poi tradurli in realtà.
Il nodo delle procedure
Le prospettive dell’esercizio sono abbastanza incoraggianti, ma bisogna essere consapevoli che, per essere pienamente incisiva, la Conferenza dovrà superare alcuni limiti strutturali.
Il primo riguarda la sua durata. Il piano iniziale era che la Conferenza cominciasse nel marzo del 2020 (Presidenza tedesca del Consiglio Ue) per concludersi nel primo semestre del 2022 (Presidenza francese). Due anni abbondanti, quindi. Causa Covid, i lavori sono però cominciati con più di un anno di ritardo, senza che il rinvio facesse slittare, almeno per il momento, il termine previsto per la Conferenza. Ciò significa che il lavoro effettivo è stato compresso in meno di un anno. Un po’ poco per condurre in maniera efficace un esercizio ambizioso e per giunta del tutto inedito di coinvolgimento dei cittadini.
Resta poi l’incognita delle procedure. Sotto molti aspetti, la COFE è un “work in progress” anche perché sta creando, settimana dopo settimana, le sue regole e i suoi metodi di lavoro. E i punti da chiarire sono ancora molti. Non è stato ancora sciolto, ad esempio, il nodo della valenza della Plenaria, ed in particolare in che misura le sue indicazioni debbano essere vincolanti per il Comitato Esecutivo. Non è stato deciso se i Gruppi formuleranno delle proposte o si dovranno limitare a tenere dei dibattiti “preparatori”, riassunti dal Segretariato. Si sta ancora dibattendo sulle procedure decisionali dei vari organismi. E l’elenco potrebbe continuare.
Le prospettive della COFE e il ruolo dell’Italia
Al di là di questi caveat, le potenzialità della COFE restano notevoli. In primo luogo, essa consentirà di porre sul tavolo dei temi importanti per il futuro dell’Unione. L’Italia ne ha segnalati alcuni nel position paper consegnato ai partner e alle istituzioni europee. La Conferenza, nella nostra prospettiva, dovrebbe servire a riflettere sull’aggiornamento dei metodi di lavoro delle Istituzioni; sull’Unione della Salute; sull’autonomia strategica europea; sulle “transizioni gemelle”; sulla riforma della governance dell’UEM; sulla politica europea in materia migratoria. Sono temi complessi, che in alcuni casi richiedono una trattazione molto “tecnica”, ma su cui non si può prescindere dall’esigenza di recepire le aspettative e i bisogni dei cittadini europei.
In secondo luogo, e forse soprattutto, la COFE rappresenta un tentativo meritorio di creare una prima infrastruttura di discorso politico europeo. Ecco perché è importante assicurare il carattere transnazionale del dibattito, ed ecco perché è importante discutere su un numero selezionato di temi che potrebbero stimolare la partecipazione dei cittadini. In quest’ottica, è fondamentale il successo della piattaforma, che in prospettiva potrebbe anche diventare uno strumento di confronto permanente sulle tematiche europee. Ad oggi, il numero degli accessi ha superato i 3 milioni, con 100.000 partecipanti effettivi. Sono numeri importanti, ma ancora insufficienti se si tiene conto della popolazione della Ue. È evidente, infatti, che i risultati della COFE saranno pienamente credibili soltanto se si baseranno su un livello elevato di coinvolgimento dei cittadini europei. Non necessariamente folle oceaniche, ma neanche sparute minoranze. Da qui la necessità di pubblicizzare adeguatamente le possibilità di partecipazione offerte dalla Conferenza. E da qui la necessità di stimolare un coinvolgimento quanto più ampio possibile dei cittadini europei.
Proprio per promuovere una partecipazione strutturata e diffusa ai lavori della Conferenza, l’Italia si è dotata di una specifica governance nazionale articolata attorno a due organismi che agiscono sotto il patrocinio del Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, e del Sottosegretario agli Affari Europei, Vincenzo Amendola:
- un Comitato Organizzativo, composto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dal Dipartimento per le Politiche Europee del Presidenza del Consiglio, dai rappresentanti degli Enti territoriali e dalle altre Amministrazioni via via interessate;
- un Comitato Scientifico, (co-presieduto dalla Professoressa Paola Severino e dall’Ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci) composto di 35 membri, che esercita il coordinamento della pianificazione, della preparazione e dell’organizzazione della partecipazione italiana alla Conferenza, e che ha dato vita al proprio interno a 4 gruppi tematici di lavoro (politica estera e proiezione internazionale; questioni istituzionali; temi economici e sociali; clima, energia, e ambiente).
Queste strutture sono già al lavoro per promuovere una serie di iniziative nazionali e internazionali, fra cui vanno citati i bandi di imminente pubblicazione che dovrebbero assicurare la partecipazione delle Università e delle scuole e la Conferenza che coinvolgerà giovani dell’Unione Europea e dei Balcani occidentali.
L’auspicio è che queste iniziative consentano di far sentire chiara e forte la voce dell’Italia nella Conferenza e che contribuiscano a fare di quest’ultima un successo, e un elemento di stimolo per gli sviluppi futuri del processo di integrazione.
*Nicola Verola, diplomatico.