Papa Bergoglio commuove la Sicilia. “La mafia è una bestemmia”

«Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Convertitevi». Così Papa Francesco in Sicilia nel ricordo di Padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia, interprete di una Chiesa di territorio e vicina agli ultimi.

Più di centomila persone assiepate sul lungomare del Foro Italico prima e in piazza Politeama dopo, per ascoltare con grande attenzione le parole di Bergoglio, un Pontefice che sa creare empatia e che parla un linguaggio semplice e immediato, in parte leggendo ma per lo più improvvisando.
E la sua visita non è per nulla casuale: giunge esattamente a 25 anni di distanza dalla uccisione, per mano della mafia, di Padre Pino Puglisi, il parroco del quartiere degradato di Brancaccio che reclutava giovani per toglierli alla malavita, nella Palermo delle periferie dimenticate spesso dallo Stato ma non dalla criminalità organizzata. Una visita pastorale che ha toccato il cuore dei siciliani, in un momento storico e sociale molto complicato, con tutte le incertezze del futuro che nel Mezzogiorno d’Italia assumono colori scuri e orizzonti nebulosi.

Papa Francesco ha voluto affidare ai fedeli un messaggio di speranza, richiamandoli ai loro doveri e alle loro responsabilità. «Che l’esempio di Don Pino Puglisi – ha scritto il Santo Padre nel libro dei ricordi della casa intitolata a padre Puglisi, seduto alla scrivania del prete – faccia nascere tante vocazioni». Una sola riga, ma significativa, visitando uno dei luoghi – il Centro Padre Nostro – che Don Pino frequentava ogni giorno nella lotta aperta contro la mafia e per la quale venne trucidato il 15 settembre del 1993. Una Palermo che è molto cambiata da allora che ha accolto Bergoglio nella piazzetta Anita Garibaldi, da oggi intitolata al Beato Puglisi, con decine di lenzuoli bianchi stesi sui balconi dei palazzi, con le bandiere del Vaticano e con uno striscione con la scritta in rosso: «Grazie Francesco per l’omaggio fatto al coraggioso testimone della verità del Vangelo, il nostro Pino Puglisi».
Il Papa ha deposto un cuscino di rose rosse nel luogo dove Puglisi fu ucciso, nel piazzale di fronte alla casa in cui viveva. Il Pontefice ha incontrato i fratelli del beato, Francesco e Gaetano, oltre a Maurizio Artale, presidente del centro Padre Nostro che ne ha raccolto l’eredità, non mancando di benedire i progetti realizzati dal Centro per la costruzione di una piazza a Brancaccio e per la costruzione di un asilo nido.
A ricordare la figura di padre Puglisi, durante la celebrazione al Foro Italico, è stato l’arcivescovo Mons. Corrado Lorefice: «Il suo impegno, la sua testimonianza finale a Brancaccio sono germogliati da questa costante tensione a comprendere quanto succedeva attorno a lui alla luce del Vangelo. Uno sguardo luminoso che vogliamo far nostro davanti ai poteri che schiacciano l’uomo, alla mafia e a tutte le mafie, davanti alle ingiustizie del mondo».
L’ultimo omaggio al beato Puglisi, il prete col sorriso, Papa Francesco l’ha voluto testimoniare prima dell’incontro col clero, religiosi e seminaristi nella Cattedrale: il Pontefice si è fermato per alcuni istanti in preghiera sulla tomba di Puglisi, martire della mafia. E poi la sua omelia, con continui richiami alla fede e alla necessità di un impegno tangibile nella vita di ogni giorno. Ai giovani innanzitutto ‘’cercate le radici della vita. Ho parlato della vostra speranza che é nelle vostre mani. Ognuno di voi può darsi la risposta. Sono radicato nei valori della vita o sono gassoso e senza radici?”. Quindi l’appello: «Ascoltate i vecchi che vi daranno le radici per la speranza». E poi il monito contro i mafiosi, riprendendo quello del suo predecessore Woytila lanciato dalle valle dei Templi di Agrigento nel 1993 ‘Convertitevi’. Un no secco contro le mafie, la loro arroganza e violenza, e la loro assoluta incompatibilità con la parola di Dio e i suoi insegnamenti. Una linea di demarcazione netta ed inequivocabile.

«Non si può credere Dio ed essere mafiosi. Chi é mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte». E ancora: «Agli altri la vita si dà, non si toglie. Non si può credere in Dio e odiare il fratello, togliere la vita con l’odio. Dio-amore ripudia ogni violenza e ama tutti gli uomini. Perciò la parola odio va cancellata dalla vita cristiana: non si può credere in Dio e sopraffare il fratello».
Per il Papa, «abbiamo bisogno di camminare insieme, non di rincorrere il potere. Se la litania mafiosa è: “Tu non sai chi sono io”, quella cristiana è: “Io ho bisogno di te”. Se la minaccia mafiosa è: “Tu me la pagherai”, la preghiera cristiana è: “Signore, aiutami ad amare”. Perciò ai mafiosi dico: cambiate, fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Tu sai, voi sapete, che ‘il sudario non ha tasche’. Voi non potrete portare niente con voi». Un passaggio infine dal significato politico con un riferimento al populismo. Bergoglio, ricordando l’esempio di don Puglisi invita a chiederci: «che cosa posso fare io, per gli altri, per la Chiesa, per la società? “Senti la vita della tua gente che ha bisogno, ascolta il tuo popolo. Abbiate paura della sordità di non ascoltare il vostro popolo. Questo é l’unico populismo possibile: ascoltare il tuo popolo, l’unico “populismo cristiano”, sentire e servire il popolo, senza gridare, accusare e suscitare contese» afferma.
Incontrando il clero, é tornato su un tema cruciale, riguardante l’uso che il potere mafioso fa della pietà popolare e della fede, «molto diffusa in queste terre: è un tesoro che va apprezzato e custodito, perché ha in sé una forza evangelizzatrice, ma sempre il protagonista deve essere lo Spirito Santo. Vi chiedo perciò di vigilare attentamente, affinché la religiosità popolare non venga strumentalizzata dalla presenza mafiosa, perché allora, anziché essere mezzo di affettuosa adorazione diventa veicolo di corrotta ostentazione», dice ai preti. «Lo abbiamo visto sui giornali, no?, quando la Madonna si ferma e fa l’inchino davanti alla casa del capomafia».

Il Papa ha quindi pranzato con i poveri e alcuni detenuti e migranti alla Missione Speranza e Carità di Biagio Conte, che ha salutato e abbracciato con commozione. Poi il suo richiamo alle piaghe che affliggono il territorio. «Esse hanno un nome: sottosviluppo sociale e culturale, sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani, migrazione di interi nuclei familiari, usura, alcolismo e altre dipendenze, gioco d’azzardo, sfilacciamento dei legami familiari. Un invito, in primis per la Chiesa, a “toccare”, a chinarsi su queste piaghe. Proprio come faceva don Puglisi. Accoglienza e solidarietà sono i tratti distintivi del cristiano. Quello che oggi manca, di cui c’è carestia, è l’amore: non l’amore sentimentale. Mi è piaciuto sentirvi dire che la Sicilia, al centro del Mediterraneo, è sempre stata terra di incontro. Non si tratta solo di una bella tradizione culturale, è un messaggio di fede. La vostra vocazione sarà essere sicuramente uomini e donne di incontro. Favorire gli incontri perché il mondo di oggi è di scontri, di guerre. La gente non si capisce e la fede si incontra sull’incontro con Dio che non ci ha lasciato soli. E’ quel lavoro dell’accoglienza, di rispettare la dignità degli altri. Per vivere non si può solo distinguere. Bisogna coinvolgersi. Lo dico in dialetto “sporcarsi le mani”. Se voi non siete capaci, mai sarete accoglienti. La vita non si spiega, si vive».
Una visita che ha lasciato un segno di speranza su una terra sofferente ma dalle grandi potenzialità. Una luce, quella accesa da Papa Francesco, che ha commosso migliaia di persone. Un seme da coltivare con cura.

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