Sono passati quasi dieci anni da quando i 193 Stati Membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite hanno approvato all’unanimità la risoluzione A/RES/70/1, intitolata “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”. Il 2030 appariva distante e il tempo per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Agenda più che sufficiente. Oggi, a cinque anni dal termine del periodo fissato dall’Onu, per tanti degli obiettivi e degli impegni assunti dagli Stati, il traguardo pare ancora troppo distante e il tempo per raggiungerlo troppo scarso. Solo pochi giorni fa l’Ocse, con il rapporto “Beyond Food Loss and Waste Reduction Targets: Translating Reduction Ambitions into Policy Outcomes”, ha fatto il punto sull’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDG 12.3), che impegna i governi a dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite entro il 2030 a livello di vendita al dettaglio e consumo, riducendo al contempo le perdite lungo le catene di produzione e fornitura. L’Organizzazione sottolinea come la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari (FLW) assuma, oggi più di ieri, un’importanza fondamentale per affrontare le problematiche globali legate alla sostenibilità alimentare, alla sicurezza nutrizionale e alla tutela ambientale. Tuttavia, nonostante gli impegni assunti da molti paesi per arginare lo spreco, il rapporto mostra l’esistenza di significative lacune nell’attuazione di politiche efficaci e coordinate. Secondo le stime dell’UNEP[1], nel 2022 sono state sprecate a livello globale 1,05 miliardi di tonnellate di cibo– il 19% della produzione alimentare totale – di cui circa il 60% a livello domestico, il 28% nei servizi di ristorazione e il 12% nella fase di vendita al dettaglio; inoltre, il 13,2% della produzione alimentare viene perso nella filiera di approvvigionamento mondiale, dal post-raccolto fino alla vendita al dettaglio esclusa.
Il 2030 appariva distante e il tempo per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Agenda più che sufficiente
La complessità del tema risiede in primo luogo nella mancanza di definizioni e metodologie univoche a livello internazionale. Attualmente solo una minoranza di paesi adotta indicatori armonizzati per la misurazione del FLW, in particolare solo due – Costa Rica e Svezia – utilizzano il Food Loss Index[2] della FAO e pochi di più (Brasile, Costa Rica, Norvegia e Stati Uniti), hanno adottato il Food Waste Index[3] dell’Unep, sebbene gli Stati membri dell’Ue utilizzino una metodologia unificata, complessivamente coerente con gli indicatori UNEP. Si tratta di strumenti fondamentali per monitorare i progressi verso gli obiettivi globali e, il disallineamento nei metodi di misurazione complica la comparabilità dei dati e ostacola la cooperazione tra paesi, limitando il trasferimento di buone pratiche e il confronto sulle politiche adottate. Anche le modalità di raccolta e diffusione dei dati restano un punto critico: secondo il rapporto, circa il 70% dei paesi rende pubblici i dati relativi agli sprechi alimentari, ma solo il 30% ha sviluppato database accessibili che consentano un monitoraggio costante. Inoltre, la frequenza della raccolta dei dati varia significativamente, con alcuni paesi che effettuano rilevazioni annuali, come Giappone e Germania, e altri che si limitano a rilevazioni sporadiche ogni tre o quattro anni.
Gli sprechi alimentari avvengono per il 60% a livello domestico e per il 28% nei servizi di ristorazione
Analizzando le politiche nazionali, il rapporto Ocse mostra come l’ambizione dei singoli paesi, espressa nei target fissati da ciascun governo, non sia uniforme né sempre coerente con le necessità riconosciute a livello internazionale. Il 74% dei paesi ha fissato obiettivi di riduzione delle FLW confrontabili con l’SDG 12.3; di questi il 23% ha assunto obiettivi allineati con quelli dell’Agenda 2030, il 23% ha fissato target più ambiziosi rispetto agli standard globali e, il 28% ha adottato obiettivi inferiori o non ha fornito informazioni dettagliate sui propri target; l’Italia rientra in questa minoranza disallineata rispetto agli obiettivi globali. L’assenza di un anno di riferimento per calcolare le riduzioni complica la valutazione dell’efficacia delle politiche intraprese, ma si tratta di un elemento che risulta mancante nello stesso Obiettivo 12.3. Tuttavia figurano delle eccezioni, come Giappone, Francia, Kenya e Slovenia che, hanno stabilito un anno base precedente al 2015 e Svizzera, Australia, Spagna, Slovenia e Grecia che ne hanno individuato uno successivo al 2015.
Nel 2022 sono state sprecate a livello globale 1,05 miliardi di tonnellate di cibo, il 19% della produzione alimentare totale
Oltre alle misure di livello nazionale, nel quadro della lotta agli sprechi e alle perdite alimentari emergono numerose iniziative internazionali promosse dalla FAO, dall’UNEP, dall’Ue e da altre organizzazioni che hanno lo scopo di condividere conoscenze e buone pratiche sul FLW e in particolare promuovere l’uso di denominazioni, misurazioni e obiettivi armonizzati, ma – secondo il rapporto – solo una piccola parte di queste iniziative sono note ai paesi in esame e, ancor meno sono quelle effettivamente utilizzate. Un’eccezione è rappresentata dalle iniziative europee, come l’EU Platform on Food Losses and Food Waste (2016) e l’EU Food Loss and Waste Prevention Hub (2024), che mostrano un maggiore livello di consapevolezza e partecipazione, ma ciò è dovuto all’obbligo per i paesi membri di rispettare gli standard previsti dalla normativa Ue.
Per ridurre gli sprechi alimentari servono sistemi di monitoraggio e meccanismi di valutazione condivisi e confrontabili
Gli impegni ratificati a livello nazionale con l’Agenda 2030, l’Accordo di Parigi sul Clima e il più recente Global Biodiversity Framework (2022), hanno indubbiamente avuto un impatto positivo incentivando l’adozione di politiche virtuose antispreco da parte degli Stati, ma il rapporto evidenzia l’esistenza di ancora troppe criticità che ostacolano il pieno raggiungimento dei target necessari ad affrontare le sfide imposte da una popolazione mondiale che cresce in un contesto di cambiamenti climatici che minano costantemente la sicurezza alimentare. Le politiche restano frammentarie e non coordinate e l’assenza di valutazioni regolari e documentate sull’efficacia degli strumenti adottati, rappresenta un ostacolo al monitoraggio delle iniziative attuali e alla definizione di politiche future. L’Ocse suggerisce di rafforzare il dialogo pubblico-privato e di sviluppare partnership inclusive che coinvolgano tutti gli attori della filiera agroalimentare, per garantire un approccio più integrato e basato su dati concreti. L’esortazione è chiara: non sono sufficienti dichiarazioni di intenti e adesioni a principi per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ma è urgente passare alla loro realizzazione concreta, investendo in infrastrutture, sistemi di monitoraggio e meccanismi di valutazione condivisi e confrontabili con i target globali.
[1] United Nation Environment Programme.
[2] Indice delle perdite alimentari.
[3] Indice degli sprechi alimentari.