3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario: un cambio generazionali e di genere per un futuro sempre più digitale

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È stato presentato questa mattina al Museo Ninfeo di Roma il 3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario realizzato dall’Eurispes in collaborazione con Enpam. Dal report emerge una realtà fatta di operatori stanchi, frustrati, in cerca di vie di fuga, di un SSN che sembra aver smarrito la via, dimenticando le priorità per cui era stato istituito, trascurando la sua forza pulsante, cioé il suo personale. Il Servizio Sanitario pubblico è allo stesso tempo attraversato da un cambiamento generazionali e di genere che sta avvenendo al suo interno, e forse da questi temi si può ripartire per immaginare un futuro diverso per la Sanità. 

Un approccio multisettoriale alla salute

Il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara ha sottolineato come: «occuparsi di salute richiede un approccio olistico, intersettoriale, dinamico, nazionale e internazionale, ma richiede anche la capacità di calarsi, di volta in volta, in precise aree disciplinari o problematiche specifiche, al fine di osservarle, analizzarle e formulare osservazioni e proposte.
Il Rapporto si sviluppa proprio lungo queste direttrici e il messaggio che emerge è chiaro: la salute, più che mai al centro del dibattito pubblico, è una questione che coinvolge tutti i livelli decisionali e richiede la partecipazione di settori diversi, dalla pianificazione urbana alle politiche ambientali, dall’istruzione alla tecnologia. Solo attraverso un approccio integrato e sostenibile sarà possibile sviluppare politiche che non si limitino alla gestione del Sistema sanitario, ma promuovano il benessere complessivo delle persone e delle comunità. Questo significa proporre nuovi modelli organizzativi, approcci innovativi alla salute pubblica e paradigmi avanzati che considerino la prevenzione, gli stili di vita e le condizioni sociali come centrali per la tutela della salute, elementi fondamentali su cui iniziare a lavorare, insieme, in modo serio e concreto».

SSN, vanno rivalutati il ruolo e l’atto medico

Il Presidente della Fondazione Enpam, Alberto Oliveti, ha evidenziato che: «Nei cambiamenti in atto, demografico, generazionale, valoriale, tecnologico, la professione medica deve riconquistare rilevanza sociale e autorevolezza. In quest’ottica, quindi, vanno rivalutati il ruolo e l’atto medico. Questo è il fulcro del problema. Per riappropriarci dell’ars medica dobbiamo ripartire dalla sua definizione e quindi da: scienza, coscienza e sapienza, ben consapevoli che l’Intelligenza Artificiale, nel suo essere pervasiva, cambierà pratiche, politiche ed etica. Ferma restando la necessità di prevenire le aggressioni, aumentando i controlli nei luoghi di cura, e di perseguire penalmente la violenza anche in flagranza differita, il rapporto medico-paziente deve diventare materia di studio alla ricerca dell’approccio migliore. La gestione della relazione con il paziente sotto stress va studiata considerando che anche l’altro attore, il medico, è sotto stress. Non sono in dubbio le competenze e l’impegno dei medici (che nelle liti finite in tribunale vengono chiamati direttamente in causa solo in 3 casi su 10). La necessità è quella di insegnare l’importanza della parola e di approcci non verbali diversi per interpretare il bisogno e l’aspettativa relazionale del paziente. Perché è solo nella relazione che si realizza la potenzialità assistenziale».

Personale medico in decrescita costante e sempre più precario

Nel Rapporto su Salute e Sanità si legge che dal 2008 la dinamica espansiva del personale medico e infermieristico del SSN, registrata tra il 1978 e il 2007, ha subito una decrescita legata a scelte di natura politica ed economica. La perdita di personale è graduale e costante: nel 2014 vengono assunti 80 dipendenti ogni 100 usciti, nel 2015 il rapporto è di 70 ogni 100, nel 2017 vengono sostituiti 98 dipendenti ogni 100. Una conseguenza dello scarso turnover del personale sanitario è l’aumento dell’età media dei dipendenti del SSN. Alla diminuzione del personale stabile fa da riscontro l’incremento del lavoro flessibile: nel 2018, nel comparto sanità si concentra il 45% dell’utilizzo di unità annue a tempo determinato di tutta la PA (35.481 su 79.620). Oltre alla riduzione degli occupati, si assiste ad un peggioramento delle condizioni di lavoro a parità di retribuzioni medie lorde. Al 31 dicembre 2022 il personale dipendente del SSN ammonta a 625.282 unità, risultando in aumento dell’1,3% rispetto all’anno precedente (+8.083 unità). Ma intanto aumenta anche il precariato: tra il 2019 e il 2022 il ricorso al personale a tempo determinato aumenta del 44,6% (Rapporto Fnomceo, 2024).

Nel SSN aumenta il precariato: tra il 2019 e il 2022 aumentato del 44,6% il ricorso al personale a tempo determinato

Il personale è stato uno degli aspetti principali delle politiche di contenimento e riduzione della spesa pubblica destinata alla sanità. Ciò ha contribuito all’esplosione di problemi legati alla disaffezione dei dipendenti e soprattutto allo svuotamento di valore e di significato del lavoro nel e per il Servizio Sanitario Nazionale. Una survey condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri porta alla luce come un medico su due sia in burnout (52%), e per gli infermieri poco meno di uno su due (45%); per entrambe le professioni, l’incidenza è più del doppio tra le donne. Ad incrementare il disagio vissuto dal personale sanitario vi è poi l’aumento dell’aggressività dell’utenza sempre più frequentemente responsabile di episodi di violenza con circa 18.000 operatori coinvolti. A segnalare i 2/3 delle aggressioni sono professioniste donne. In un confronto con i paesi dell’area OCSE emerge che il reddito annuale dei medici specialisti in Italia risulta di quasi il 22% più basso della media, con penalizzazioni molto forti rispetto a Svizzera, Olanda, Germania, Irlanda e rilevanti anche con Danimarca e Regno Unito. Anche per il reddito medio annuale degli infermieri ospedalieri l’Italia si colloca oltre il 22% al di sotto della media OCSE.

Più di un medico su due è donna ma poche rivestono ruoli apicali

Un’altra grande sfida riguarda il governo delle donne in Sanità, dove la presenza femminile è cresciuta costantemente negli anni, al punto che due terzi dei lavoratori del settore oggi sono donne. A dicembre 2021, sono 450.066 le donne che lavorano con contratto a tempo indeterminato presso le strutture del SSN, un trend che risulta in crescita costante negli ultimi anni. Più di un medico su due è donna (51,3%), una percentuale destinata a crescere, considerata la prevalenza femminile nelle classi di età più giovani. Ma permangono forti squilibri di potere: nel 2022 dei 106 presidenti degli Ordini professionali provinciali, 11 soltanto sono donne (10%), e solo il 19,2% dei primari è di sesso femminile. Una situazione analoga emerge tra il personale docente e ricercatore in scienze mediche: le professoresse ordinarie costituiscono appena il 19,3% del totale e, per vedere aumentata la loro presenza è necessario scendere verso le posizioni più basse della gerarchia accademica.

Sanità digitale e SSN digitalizzato

Nel Rapporto sono documentate anche le molte innovazioni tecnologiche che portano ad un risparmio di tempo e ad una maggiore efficienza nel lavoro di medici e infermieri, con effetti positivi o molto positivi sulla produttività. Basti pensare a sistemi ormai consolidati come quelli di refertazione a distanza, alle cartelle cliniche digitali, alle diverse applicazioni di telemedicina, uso di robot nella chirurgia. In ambito clinico,l’IA ha già mostrato le sue potenzialità: nell’attività diagnostica; nell’analisi dei dati e di medicina predittiva; nell’assistenza ai pazienti, consentendo progetti di telemedicina avanzata e potrebbe ridurre del 17% il tempo che i medici impiegano in compiti di natura amministrativa, che attualmente corrisponde al 50% del tempo di lavoro. L’IA generativa darà vita inoltre a trattamenti sempre più personalizzati e a migliori outcome di salute per i pazienti. Attualmente, diverse aziende biotecnologiche stanno cercando di sviluppare farmaci personalizzati basati sul profilo genetico di ciascun individuo combinando insieme le tecnologie di IA generativa e digital twins. L’IA generativa sta facendo passi da gigante anche nella diagnostica per immagini, dove consente una lettura precisa delle immagini mediche e di rilevare tempestivamente eventuali anomalie. La crescita pervasiva delle soluzioni di Intelligenza Artificiale compresa quella generativa suggerisce una riconsiderazione dei ruoli e delle professioni da integrare in sanità. Ci sarà bisogno di professionisti che svolgeranno ruoli “ibridi” basati sull’intersezione tra competenze mediche e informatiche.

Gli ospedali europei si confermano il target prediletto dai cyber criminali con il 42% degli incidenti totali

L’altra faccia della tecnologia riguarda senz’altro la cybersicurezza: il settore sanitario risulta essere tra quelli maggiormente colpiti dagli attacchi informatici. Tra gennaio 2021 e marzo 2023, i paesi più colpiti in Europa sono stati Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi e Italia, i cui sistemi sanitari hanno registrato più del 60% dei cyber attacchi. Gli ospedali europei si sono confermati il target prediletto dai cyber criminali, con il 42% degli incidenti totali seguiti a distanza dalle autorità, agenzie ed enti sanitari (14%) e dalle industrie farmaceutiche (9%). Date le conseguenze devastanti di un attacco informatico, la formazione dei dipendenti nonché gli investimenti in termini di sistemi di sicurezza avanzati e di personale specializzato dovrebbero essere un punto chiave per contrastare la criminalità informatica.

Le morti globali associate alla resistenza antimicrobica hanno raggiunto quasi 5 milioni nel 2019

Secondo l’approccio One Health la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente sono strettamente interconnesse e interdipendenti. Tale approccio si basa dunque su tre pilastri fondamentali: la Medicina, la Veterinaria e la Sostenibilità ambientale. L’approccio One Health è particolarmente importante per prevenire le minacce sanitarie globali come la pandemia da Covid-19, per la sicurezza alimentare e idrica, la nutrizione, il controllo delle zoonosi, la gestione dell’inquinamento e la lotta alla resistenza agli antimicrobici, la quale minaccia la sostenibilità della risposta sanitaria pubblica a molte malattie trasmissibili, tra cui la tubercolosi, la malaria e l’Hiv/Aids. Dati recenti mostrano che le morti globali associate alla resistenza antimicrobica hanno raggiunto quasi 5 milioni nel 2019.  L’emergenza dell’antimicrobico resistenza nei batteri di origine alimentare è dovuta principalmente all’uso non corretto degli antibiotici negli animali destinati al consumo umano. Questi batteri multiresistenti possono essere rilasciati nell’ambiente e contaminarlo attraverso il letame usato come fertilizzante. I sistemi di produzione del cibo, pertanto, necessitano di profondi cambiamenti che li rendano sempre più sostenibili e sicuri.

Sanità e Salute, due concetti da rinnovare

I concetti di sanità e di salute sono oggetto, da tempo, di una trasformazione intrinseca. La sanità, anzitutto. Grazie a metodiche diagnostiche sempre più evolute, allo sviluppo della genomica e, in generale, all’avanzamento tecnologico, però, essa viene oggi associata all’idea che le cure debbano essere sempre più personalizzate e “su misura”. Espressioni quali medicina di precisione, terapie geniche, medicina di genere, teranostica sono divenute piuttosto popolari anche tra i non addetti ai lavori. L’avvento di ChatGPT e di altri simili modelli di IA ha accentuato il fenomeno, ridefinendo ulteriormente il rapporto tra pazienti e informazioni sanitarie: le vecchie ricerche sui motori di ricerca hanno lasciato il posto ad articolate interazioni. Ma restano centrali affidabilità, sicurezza e ruolo degli operatori sanitari. Il secondo concetto che sta progressivamente cambiando è quello di salute. Oggi la consapevolezza di doversi attivamente e singolarmente occupare della propria salute prima di ammalarsi si sta facendo lentamente strada. Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma: uno shift dal modello Sick Care al modello Healthcare. La Medicina basata sulle evidenze, in particolare, ha confermato il legame tra ambiente, alimentazione e malattie cronico-degenerative non trasmissibili, identificando lo stile di vita, con un’incidenza pari al 50%, il principale determinante della salute individuale. I fattori genetici e socio-economici, ciascuno con un peso del 20%, vengono subito dopo. Infine c’è l’assistenza sanitaria, che vale il 10%.

Una logica internazionale per la Salute

Sembrano quindi essere due le principali strategie da implementare in Sanità: sensibilizzare i singoli individui sul fatto che ben il 50% delle chances di mantenersi in salute risiede nelle loro scelte di vita; stimolare governi e policy makers perché sviluppino politiche sanitarie fondate su una comprensione profonda e integrata di tutte le esposizioni che influenzano la salute: la genetica, il clima, gli ambienti urbani e naturali, il lavoro, l’istruzione, lo stress psicologico e, naturalmente, il sistema sanitario. E poiché il clima, l’inquinamento atmosferico, i corsi d’acqua, la filiera produttiva del cibo sono fenomeni che oltrepassano i confini statali, è indispensabile che si proceda con una logica internazionale.

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